Nella nostra pagina Facebook abbiamo approfondito i primo 20 punti del Manifesto di rifondazione della Ricerca Qualitativa dallo scenario globale alle relazioni incentrate sui concetti di co-creazione e di rete. Nei successivi 10 punti, dal 21 al 30, abbiamo delineato le caratteristiche che portano qualità nella selezione del campione e del reperimento.
Il presupposto è che il buon reperimento degli intervistati contribuisce a determinare la buona riuscita di una ricerca qualitativa, è un vero e proprio prerequisito per un fieldwork di qualità.
Il reperimento intervistati è in realtà un’attività complessa e faticosa: purtroppo tale fase di ricerca non viene sufficientemente valorizzata; l’impegno in questo campo necessita di tempi adeguati, e di costi necessari che riguardano sia l’attività stessa di reperimento sia la remunerazione degli intervistati, soprattutto nel caso di lunga durata dei focus group/delle interviste e di ricerca di target di nicchia.
Gli enti che si occupano del controlli qualità dei reperimenti (Assirm/Cerqua…) riescono a limitare solo in minima parte la continua partecipazione degli “intervistati professionisti” a focus group e interviste; sono veri e propri camaleonti: si camuffano e si reinventano in identità, ruoli e professioni sempre nuovi. Per riappropriarci delle qualità dovremo arrivare alle impronte digitali?!
Ma come dovrebbe essere l’intervistato ideale? Oltre ad essere in target, deve risultare propositivo nonché creativo. E se il professionista non fosse un problema, ma lo fosse esclusivamente se non in target e dunque “finto?” Non sarebbe forse meglio un “professionista” rispondente a tali criteri che un intervistato “vergine” ed in target, ma “muto” e poco collaborativo?
Un panel di consumatori smart (purché verificati come in target per la specifica ricerca) potrebbe costituire per alcune indagini una concreta opportunità in ottica di co-creazione con l’azienda di brand/prodotti. Il “buon intervistato” è anche colui che è in relazione con un prodotto/categoria merceologica, ha idee e la voglia di condividerle con altri: ma allora i social media e i blog non potrebbero essere un potenziale bacino per il reperimento di persone in target, interessate a un settore merceologico e vogliose di esprimere il loro punto di vista? Soprattutto per alcune ricerche (es. forum online, target difficili, teen) Facebook, Twitter o sezioni di blog specifici potrebbero essere i “luoghi” ideali da cui partire per un reperimento mirato, efficace, con un target collaborativo e motivato a esprimere la propria opinione.
Alla qualità dei reperimenti può contribuire una circolarità di informazione fra istituto, direttore di ricerca e reperitore: le eventuali difficoltà di reperimento di target molto particolari è già un primo risultato della ricerca e può portare alla condivisione di una miglior definizione delle caratteristiche del campione e a concordare le migliori strategie di reperimento.
Per certe categorie merceologiche (es. riviste, grande distribuzione, negozi monomarca) è possibile utilizzare un approccio specifico di reperimento, più costoso ma altamente efficace: il reclutamento direttamente presso il punto vendita. Tale approccio garantisce intervistati in target, colti “con le mani nel sacchetto” e quindi si tratta di reperimento di qualità, senza falsi intervistati, in cui si garantisce l’effettiva individuazione di user/consumer di specifici prodotti.
Per evitare il fenomeno degli intervistati professionisti, si può pensare di reperire in aree/città non regolarmente utilizzate per focus/interviste. In questi “luoghi remoti” si possono anche scoprire “persone vergini” e più entusiaste di avere la possibilità di esprimersi: Forum online, Skype o Facetime, accorciano le distanze rendendo possibile intervistare a bassi costi persone residenti in località mai toccate dei classici focus group.