Ekman fin dagli anni settanta si è dedicato allo studio delle espressioni facciali e all’inizio degli anni 2000 le ha codificate nel sistema F.A.C.S. (Facial Acting Coding System) per permetterne un utilizzo condiviso.
Nel 2007 sono stato fra i primissimi ad utilizzare le F.A.C.S. nelle ricerche di mercato: ho avuto l’occasione di applicarle a un copy test: sono state registrare le reazioni allo spot rilevando i micro-movimenti facciali e i gesti delle persone esposte allo stimolo e, grazie alla collaborazione del dipartimento di Psicologia dell’università Cattolica di Milano, sono state analizzate tali espressioni per indagare il livello di gradimento, i segnali di novità e il livello di attenzione esibiti (vedi qui).
Da allora le F.A.C.S. ne hanno fatto di strada e siccome “il volto è lo specchio dell’anima” in molti hanno pensato di utilizzarle non solo ai fini della ricerca: c’è chi ha utilizzato il semplice riconoscimento facciale per attivare uno smartphone (iPhone X) e chi per attivare in automatico sistemi di pagamento alternativi alle carte di credito come già succede in alcuni supermercati e fast-food.
Non mancano poi applicazioni per sostituire i documenti di identità, o verificare le preferenze e gusti personali per esempio nel mondo del food o dell’home decor (vedi qui).
Facebook ci ha già dimostrato la sua bravura nell’utilizzo di questi algoritmi per riconoscere e identificare i volti nelle foto, dare loro un tag, un nome e non solo… Ma con l’acquisto dell’app Intraface è ora in grado di leggere anche le nostre emozioni o meglio di quelle dei volti che noi postiamo su Facebook o che noi sigliamo con un like.
Le persone, insomma, amano usare il proprio volto come strumento per parlare di sé e colossi come Google e tanti altri lo hanno capito e saputo sfruttare al meglio. Ora, a che cosa ci porterà tutto questo? Da una parte, il riconoscimento del volto per pagare la spesa o per prendere un aereo potrebbero rendere il processo di pagamento e di identificazione molto più rapidi e sicuri, dal momento che il volto e le sue micro componenti sono sicuramente più uniche e inconfondibili rispetto ad un documento cartaceo o ad una carta di credito facilmente clonabile, un po’ come per le impronte digitali già ampiamente utilizzate al giorno d’oggi in diversi settori – anzi, a detta di alcuni, il volto è ancora più unico ed esule da contraffazione. Dall’altra parte però, uno dei rischi riguarda il tema della privacy degli utenti e dei consumatori, problema già sollevato qualche anno fa nei confronti di uno dei colossi del digitale e lo sarà probabilmente per molti altri.
A questo punto ci poniamo una domanda: c’è un limite all’utilizzo di queste tecnologi e se c’è quale potrebbe essere? Quale il balance fra vantaggi e tutela della privacy ? E voi siete pro o contro questi cambiamenti?