Come ha scritto Chetan Kunder in un articolo sulla pagina web della Whitespace Insights, nel moderno regno del marketing sembra vigere questa regola: «Il consumatore è il Re».

I prodotti sono creati ponendo al centro dell’attenzione i bisogni del consumatore, senza tuttavia coinvolgerlo in tutte le fasi del processo di realizzazione.
In più, questa regola sottintende senz’altro che il Re preferisca sempre che sia il suo fedelissimo team di esperti a svolgere tutto il lavoro. Questi devono interpellare direttamente il consumatore solo per ricevere conferme alle proprie idee o ai nuovi prodotti lanciati sul mercato.

Per evitare dunque di infastidire il Re, si è scelto di consultare i social media. In questa era di “panacea” del digitale, tale pratica si è diffusa molto rapidamente e ha sostituito in larga parte le più classiche ricerche di mercato.
Come sostenuto da edward04 sul suo blog personale Research and Reflect, il marketing basato prevalentemente sulla consultazione dei social media (netnografia) risponde perfettamente all’idea del «Re consumatore», poiché non lo disturba mai in modo diretto e non trae da lui informazioni se non quelle fornite spontaneamente. È vantaggioso anche perché non lo deve pagare per avere delle risposte, poiché è lui stesso che le fornisce volontariamente.

Questo modo di svolgere ricerca, l’approccio netnografico, non pone alcuna domanda al consumatore, ma proprio per questo rischia di non raggiungere insight realmente rilevanti!
Un approccio fenomenologico di ricerca che fornisce come esito una fotografia della realtà del mercato, arrivando così alla sola e semplice conferma dell’esistente. Non apre spazio a nuove idee o a nuovi prodotti.
Ma soprattutto non indaga le motivazioni, consce e inconsce, dei consumatori.

Sarebbe un po’ come cercare di scoprire i tesori nascosti in fondo al mare “surfando” sul pelo dell’acqua anziché dotarsi di bombole o altri mezzi per esplorare a fondo gli abissi.

A questa mancanza fondamentale rispondono invece perfettamente le classiche ricerche di mercato. In particolare quelle condotte con metodologia qualitativa da psicologi esperti.

Ciò che conta non è solo saper ascoltare, ma fare le domande spiazzanti sia in qualitativa che in quantitativa.

È meglio “surfare sul web” o immergersi nel fondo dell’anima per decifrare nuove possibilità?

O ancora è meglio ascoltare i capricci del Re o decodificarli affidandosi alla lente esperta di Sherlock Holmes?