Occupandoci di welfare non potevamo esimerci da un’analisi prospettica sul mondo pensionistico anche alla luce della recente modifica della normativa (quota 100) e lo sguardo ci rivela una situazione molto preoccupante.
Ad oggi, l’Italia sta attraversando un cambiamento senza precedenti: il mondo non è più dei giovani! Il 2018 è proprio l’anno scandito da questa rivoluzione demografica, dove la quota degli anziani (over 60), che sta raggiungendo il 30% del totale, supera quella dei giovani (under 30). In concomitanza con questo trend, l’area di spesa sociale continua a crescere. Questa area include il costo relativo alle pensioni che, secondo le previsioni tra vent’anni raggiungerà il 18% del PIL.
Quindi la vera domanda è: chi pagherà per le pensioni future?
Da considerare è che: nel 2018 sono nati 440.000 bimbi, il numero più basso nella storia del nostro paese. Il problema è che contemporaneamente a questo, stanno andando in pensione i nati negli anni ‘50. I prossimi, saranno poi, i nati nel decennio del ’60, i figli del boom demografico; un lungo periodo che raggiunse il numero massimo di nati nel 1964, con 1.035.000 nuovi nati. È evidente che la differenza numerica tra nuovi e futuri pensionati e crescita demografica sia un vero problema.
Come fare a fronteggiare tutto questo?
Obiettivo della ricerca sull’ “Industria del Welfare” non poteva certo essere quello di risolvere il problema di come rendere il sistema pensionistico sostenibile per le generazioni future. Personalmente sono vicino alla pensione, ma come molti anch’io tengo che anche i miei figli possano in futuro godere di un trattamento pensionistico. Per il momento quindi mi preme solo che il tema rimanga in evidenza con assoluta priorità.