È chiaro che l’avvento di Internet e dei grandi venditori online (Amazon oggi ed eBay prima) abbia portato a delle modifiche sostanziali nell’esperienza di acquisto e vendita. Se fino a pochi anni fa per acquistare anche i beni primari (acqua, cibo…) si faceva ancora riferimento ai punti vendita fisici oggi basta fare un click, seduti comodamente sul divano e far partire il nostro carrello. In questo modo possiamo ricevere direttamente a casa nostra qualsiasi oggetto del desiderio, vestiti, prodotti per la pulizia della casa, una birra…tutto! Internet e i corrieri saranno quindi la fine ovvero il bacio della morte di negozi e supermercati?
La soluzione non sembra esser la fine del negozio fisico, ma, al contrario, paradossalmente entrambe le realtà possono trarre vantaggio dalla loro collaborazione. Da una parte il negozio online cerca sempre di più di sfruttare la presenza del negozio e dall’altra gli store fisici stanno diventando sempre più tecnologici e connessi al mondo virtuale.
Ci sono, chiaramente, dei punti di forza del retail che non possono esser (per ora) rimpiazzati, come il rapporto col venditore, i consigli, il contatto fisico dell’oggetto, la sua prova vera e propria (sia che si tratti di un abito o un’automobile). La relazione che viene a crearsi tra cliente e venditore è insostituibile. Il contatto umano infatti diventa sempre più fondamentale come compensazione dell’invasione della tecnologia nella vita. Sarà dunque il negozio il punto chiave in cui realizzare un’esperienza diretta, per creare engagement con i clienti.
Il cliente deve essere ufficialmente al centro dell’esperienza proposta.
Di questo e tutti i temi connessi si è parlato ampiamente alla conferenza “Future of Retail”, dell’Osservatorio Evolutivo 2020 organizzata da InTribe. Qui il focus era la “Sfida del Point of Experience”, ovvero come il negozio diventa un luogo esperienziale che permette ai clienti di interagire, conoscere, vivere emozioni. D’altro canto, fornisce anche ai venditori di ottenere più informazioni grazie alla rilevazione di smart e big data.
L’esperienza offerta originale, coinvolgente e interattiva; può esser la chiave di svolta. Si pensi ad esempio allo store temporaneo di Woolrich che propone una “stanza del freddo” dove le persone possono testare sulla loro pelle la qualità dei prodotti. Oppure ancora, Kiehl’s propone nei suoi negozi eventi, aperitivi per far conoscere i prodotti e interagire le persone.
Il camerino diventa tecnologico, con grandi schermi che riconoscono i cartellini, danno informazioni su abiti, taglie, colori, ma anche le etichette stesse riescono ad interagire con gli smartphone dei clienti dando loro informazioni, il pagamento si fa sempre più veloce. Si può anche interagire con dei QR code particolari per vedere i prodotti, come fa Zara ad esempio. Al contrario anche i player su internet decidono di aprire dei punti vendita fisici come Facile.it, o Amazon che ha proposto un nuovo servizio denominato “AmazonGo” (primo esempio a Seattle, USA). Si tratta di un supermercato completamente automatizzato, in cui il cliente interagisce unicamente con interfacce digitali e può fare la spesa in totale autonomia.
Si evince quindi come il mondo virtuale e quello reale non si stiano allontanando, ma anzi si mischino sempre di più.
Anche nelle ricerche di mercato l’avvento di Internet e dell’IoT ha modificato gli approcci disponibili aggiungendo strumenti e modalità di ricerca e noi di social-qualitative ne abbiamo fatto tesoro per proporre metodologie innovative. Chiaramente però queste innovazioni non possano mai realmente sostituire la ricerca face to face perché il rapporto che viene a crearsi tra persone non è replicabile da nessuna tecnologia ad oggi. La tecnologia può certamente aiutare e implementare le ricerche di mercato, ma è anche grazie al rapporto diretto con le persone che si riescono a cogliere tutte le sfumature espressive, gli sguardi, il calore o la freddezza di una conversazione, corona virus permettendo.
Social-qualitative promuove l’innovazione nelle ricerche di mercato senza però tralasciare anche la ricerca tradizionale basata sul coinvolgimento diretto e personale fra intervistatore e intervistato oppure attraverso un mix di online e offline come propongono i punti vendita e come abbiamo suggerito già nel 2014 🙂