Che Facebook utilizzasse algoritmi per capire le preferenze e le inclinazioni dei consumatori online era già di dominio pubblico. Ma l’innovazione non finisce qui: il team di Zuckerberg sta mettendo in piedi una nuova task force tecnologica interna orientata ad una innovazione che cambierà di certo la pubblicità e la comunicazione promozionale online. Stiamo parlando del Deep Learning, ovvero un software e algoritmi che imitano le reti cerebrali, che sono quindi basati sull’imitazione del funzionamento basilare delle cellule neurali. L’idea è che tali reti vadano a fondo nell’analisi dei post, delle foto e dei commenti, e che riescano di conseguenza a cogliere il tema di cui gli utenti parlano in rete, pur mancando connessione e parole chiave fondamentali alla comprensione delle nostre comunicazioni. Un approccio semantico, insomma, che dedurrà i significati (e dunque interessi e preferenze) dal complesso della discussione.
Ma qual è l’obiettivo di tutto ciò? Sottoporci contenuti più appropriati, pertinenti ai nostri interessi (pubblicità inclusa) scavando in quelle profondità dove le tecnologie sfruttate fino ad ora, con metodi fermi a livelli superficiali dell’analisi, non riescono ad arrivare.
Mark e soci vogliono arrivare dunque a creare nuovi strumenti per il coinvolgimento dell’utenza e per migliorare margini e l’efficacia della pubblicità. Non potrà più sfuggire nulla agli analisti virtuali della piattaforma, che grazie a tali strumenti potranno prevedere con maggior precisione i comportamenti futuri delle persone.
Che dire. Facebook sta cercando di portare la ricerca di mercato online e tradurla in formato HTML, indicizzandola in software e algoritmi. Ma sarà davvero possibile riuscire in questa impresa o la ricerca resta e resterà per sempre fatta di persone, che portano qualità e precisione alla ricerca stessa?